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mercoledì 12 maggio 2010

Borges e i ricordi impossibili


JORGE LUIS BORGES

ELEGIA DEL RICORDO IMPOSSIBILE

Che cosa non darei per la memoria
di una strada sterrata fra muri bassi
e di un alto cavaliere che riempie l'alba
(lungo e sdrucito il poncho)
in uno dei giorni della pianura,
un giorno senza data.
Che cosa non darei per la memoria
di mia madre che contempla il mattino
nella tenuta di Santa Irene,
ignara che il suo nome sarebbe stato Borges.
Che cosa non darei per la memoria
d'essermi battuto a Cepeda
e di aver visto Estanislao del Campo
salutare la prima pallottola
con l'esultanza del coraggio.
Che cosa non darei per la memoria
di un portone di villa segreta
che mio padre spingeva ogni sera
prima di perdersi nel sonno
e spinse per l'ultima volta
il 14 febbraio del '38.
Che cosa non darei per la memoria
delle barche di Hengist,
mentre perdono il mare dalle sabbie danesi
per debellare un'isola
che ancora non era l'Inghilterra.
Che cosa non darei per la memoria
(l'ho avuta e l'ho perduta)
di una tela d'oro di Turner,
vasta come la musica.
Che cosa non darei per la memoria
di aver udito Socrate
quando la sera della cicuta
serenamente analizzò il problema
dell'immortalità,
alternando i miti e le ragioni
mentre la morte azzurra lo invadeva
dai piedi fatti gelidi.
Che cosa non darei per la memoria
di te che avessi detto che mi amavi
e di non aver dormito fino all'alba,
straziato e felice.

(da La moneta di ferro, 1976)

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Borges fu poeta negli anni della gioventù e in quelli della vecchiaia, come un serpente che si morde la coda. “Elegia del ricordo impossibile” è naturalmente degli anni più maturi, quando il poeta registra le emozioni della memoria e tenta un bilancio della propria vita. In questi bellissimi versi ripercorre la strada dei ricordi perduti per sempre ma ancora inscritti in maniera residuale nell’anima o nel cervello, un po’ come il virus della varicella che rimane per anni nel midollo spinale e all’improvviso si sveglia generando il famigerato “fuoco di Sant’Antonio”. Sono ricordi di famiglia, come quello della madre ragazza o del padre nell’ultima sera della sua vita. Sono ricordi di antenati coraggiosi come il bisnonno Colonnello Suarez e il nonno Francisco Borges. Sono ricordi di eventi a cui non si è neppure assistito, remoti addirittura come la partenza delle navi danesi nelle saghe nordiche, come la sera in cui Socrate, condannato a morte, si sedette a bere la cicuta. Sono ancora ricordi di altre persone, sono i desideri che non si sono appagati, sono le felicità che abbiamo soltanto immaginato, sono i sogni che abbiamo creduto veri.

Perché Borges, come il Gozzano che non amava che le rose non còlte, ha nostalgia delle strade non prese, della vita che poteva essere e non è stata, del non vissuto: “Dove sarà la vita che non vissi / e che poteva essere mia?”

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René Magritte, “Le blanc seing”

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LA FRASE DEL GIORNO
Dio o Chissà o Nessuno, non l’oblio / io chiedo ma la sua perenne immagine.
JORGE LUIS BORGES, La moneta di ferro




Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), scrittore, poeta, saggista, traduttore e accademico argentino. Creatore di un genere oggi designato “borgesiano”, a definire una concezione della vita come storia, come finzione, come opera contraffatta spacciata per veritiera, come fantasia o come reinvenzione della realtà.


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