IRINA RATUSHINSKAYA
GETTANDO IL TEMPO NEI BARATTOLI
Abbiamo imparato, eh sì, a gettare il tempo nei barattoli
e abbiamo rimestato nella notte condensata di continuo.
Questo secolo si fa ancora più nero, il prossimo non verrà presto,
a spazzar via i nomi dai muri delle prigioni di ieri.
L'abbiamo allestito con tale cura, eppure noi
non siamo nella ciurma, nemmeno ci ammettono a bordo.
Ma coprendo il carico ben misurato con stuoiame grezzo
riusciamo tuttavia a spargere il seme.
Abbiamo le mani lacere ma ancora sappiamo togliere i chiodi
anticarro dai raccolti, destinati a durare oltre di noi.
(trad. di Damiano Albeni)
Questo secolo non ci vedrà alla fine. Nonostante gli enormi progressi che la medicina farà nel XXI secolo e sempre che il CERN di Ginevra non risucchi prima la terra in un enorme buco nero creato alla ricerca del bosone di Higgs, la “particella di Dio”. È legge naturale. La poetessa ucraina Irina Rasutinskaja, nata nel 1954 e internata per sette anni nei terribili gulag siberiani per “attività antisovietica”, rileva che questo nuovo secolo non è cominciato nel migliore dei modi e richiama anzi alla memoria i cupi fantasmi del Novecento. L’attacco alle Torri Gemelle, la guerra in Iraq e in Afghanistan, i continui attentati che insanguinano il pianeta, il timore del nucleare iraniano…
Non ci saremo quando il XXII secolo arriverà come una grande nave container, non saremo a bordo. Ma qualche cosa di noi resterà, se avremo lavorato bene, se sapremo spargere a piene mani nel mondo la libertà. Noi saremo in quei frutti. Per questo dobbiamo adesso con ogni cura piantarne i semi e annaffiarli, difenderli dall’inquinamento e dalle carestie. Se non saremo sul ponte di quella nave, saremo almeno nell’idea che la sospinge.
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Fotografia © B. Miniati, 1938
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LA FRASE DEL GIORNO
Non ci sono mai stati dei grand’uomini vivi. È la posterità che li crea.
GUSTAVE FLAUBERT, Correspondance
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