Un cantante si lancia in sprovvedute dichiarazioni sulla droga, dice che fa bene e la usa come antidepressivo. Viene escluso dal Festival di Sanremo e molti parlano di ipocrisia. Se fosse un pilota d’aereo o un conducente di autobus, dubito che molti sarebbero felici di essere guidati da lui. Anche questa è ipocrisia. Ovvero, in altri termini: si recita una parte in pubblico e un’altra in privato, il perbenista e il rivoluzionario, il moralista a casa e l’antiproibizionista in politica. Come quei personaggi che in una canzone di Davide Van De Sfroos vanno in Thailandia a fare sesso proibito e tornati a casa picchiano la figlia perché fuma…
Nell’antica Grecia l’hypokrités era un attore che con la voce e il gesto imitava e rappresentava un personaggio estraneo; in particolare, era un secondo attore che studiava e imitava la parte del primo, Un simulatore, dunque. E in tale accezione il termine è passato all’uso odierno attraverso il Nuovo Testamento, che spesso parla di “ipocriti”, come i questo passo del capitolo XXIII del Vangelo di Matteo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti che siete simili a sepolcri imbiancati, belli di fuori, ma pieni dentro di ossa di morti e di ogni sporcizia”. Una definizione cruda ma calzante a pennello degli ipocriti, i quali, sempre, giudicano: nella radice greca del termine c’è infatti il verbo krinèin, giudicare. Il giudizio morale è insito nell’ipocrisia.
Geniale è la definizione che dà in una delle sue celebri “Massime” il moralista francese del Seicento François de la Rochefoucauld: “L’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù”. Un secolo dopo Voltaire scriverà che “Dissimulare è virtù di re e di cameriera”, quindi non è questione di casta. Ludovico Ariosto fa l’ipocrita nell’“Orlando furioso” quando riprova tale comportamento ma lo giudica utile: “Quantunque il simular sia le più volte / ripreso, e dia di mala mente indici, / si truova pur in molte cose e molte / aver fatti evidenti benefici”.
Giorgio Saviane nel suo romanzo “Il terzo aspetto” ne riconosce la negatività ma riesce a trovarvi anche un lato positivo: “L’ipocrisia è spesso bontà. Insegna a non essere villani, a fare un complimento a una brutta per allietarle la giornata”. Se ci pensiamo un attimo, questa è la descrizione perfetta del premier Berlusconi: si racconta di quella volta in cui mostrò ai suoi venditori come comportarsi con i clienti, ne salutò cinquanta trovando un complimento per tutti e all’ultimo, che era una persona oltremodo brutta e sgradevole, disse: “Che bella stretta di mano ha lei!”. Per questo non ci meraviglia vederlo esaltare la reazione israeliana ai razzi palestinesi e contemporaneamente compiangere le vittime palestinesi della reazione israeliana. Di fatto è smentito Riccardo Bacchelli: “In politica nulla è più proficuo dell'ipocrisia, ma nulla è più dannoso d'un'ipocrisia sfatata e notificata”.
C’è chi percorre anche il cammino contrario, come rilevava Giovanni Guareschi in uno dei racconti di “Don Camillo e i giovani d’oggi”: “Nuovissima ipocrisia: mentre un tempo il cattivo si studiava di sembrare buono, oggi il buono spesso si arrabatta per dare l'idea di non esserlo. E - pecora - ulula come il lupo, mentre i lupi veri, - i quali, però sono travestiti da pecorelle – belano”. E ancora (ibidem): “È la nuova ipocrisia: un tempo i disonesti tentavano disperatamente di essere considerati onesti. Oggi gli onesti tentano disperatamente d'essere considerati disonesti”. Di un simile rovesciamento parla nella “Virtù sospettosa” il commediografo spagnolo del Novecento Jacinto Benavente y Martinez: “Talvolta si cerca di apparire migliori di quello che si è. Altre volte si procura di sembrare peggiori. Ipocrisia per ipocrisia, preferisco la seconda”.
Allora l’ipocrisia alla fine non è che una maschera che indossiamo: Johann Wolfgang Goethe nelle “Massime e riflessioni” sottolinea che “Ognuno nasconde qualche cosa nella propria natura che, se la ostentasse in pubblico, susciterebbe riprovazione”. Sempre che ci sia qualcosa da nascondere: lo scrittore statunitense E. Hoffer vede nero: “I nostri più grandi sforzi sono rivolti non a nascondere il male e il brutto in noi, ma il vuoto. La cosa più difficile da nascondere è quello che non c’è”.
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Duilio Scalici, "Ritratto di un ipocrita"
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LA FRASE DEL GIORNO
Un birbante non ride nello stesso modo di un galantuomo, un ipocrita non piange nello stesso modo di un uomo di buona fede. Ogni falsità è una maschera, e, per quanto la maschera sia ben fatta, si giunge sempre, con un po' d'attenzione, a distinguerla.
ALEXANDRE DUMAS PADRE, I tre moschettieri
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