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giovedì 7 gennaio 2010

Il nome della neve

Sul principio di questo 2010 un bel post di Vincenzo Moretti sul suo blog “Della leggerezza” riguardante i vari vocaboli napoletani per definire i modi di piovere mi ha fatto riflettere sul fatto che ora, in questi tempi tecnologici, non avvertiamo più la necessità di sottolineare queste sfumature semantiche. Se a Napoli dicono o almeno dicevano schezzechea, chiovellechea, cernoleia, trubbeia, in Sicilia sbrizzìa e piove ad assuppa viddrano  e a Milano sbrisìga, sgutìnna e sgrimùssa, evidentemente c’era, se non il bisogno di definire l’intensità del fenomeno, almeno un gusto poetico di cogliere la realtà nelle sue differenti espressioni.

Gli inuit, popolo della Groenlandia spesso indicato con l’errato “eschimesi”, si dice abbiano una quarantina di termini per descrivere la neve. Mario Rigoni Stern, nel suo piccolo mondo dei cimbri che popolano l’altopiano di Asiago e i Sette Comuni, descrisse in "Sentieri sotto la neve”, edito da Einaudi nel 1998, i vari nomi che la neve assume in quelle lande. Anch’egli lamentava il fatto che queste denominazioni vanno perdendosi, se dell’ultima, che vedremo poi, neppure lui era in grado di fornire il nome esatto. E dunque ecco i nomi della neve che Rigoni Stern cita in “Nevi”, racconto dell’opera citata:

BRÜSKALAN, la prima neve dell’anno, dunque in autunno, quella vera: “Lo si sentiva nell’aria l’odore della prima neve, un odore pulito, leggero, più buono e grato di quello della nebbia”. È la neve che copre i campi, li infarina, che avvolge ogni cosa di un velo bianco.

SNEEA, “neve abbondante e leggera giù dal molino del cielo”: le voci si affievoliscono, il mondo diventa ovattato. È neve da sci e slittini, da caldo del focolare e della “stua”.

HAAPAR, neve di fine inverno, che si scioglie al sole e lascia intravedere il terreno sottostante. Le prime allodole cantano all’imminente primavera.

HAARNUST, “neve vecchia che verso primavera, nelle ore calde, il sole ammorbidisce in superficie e che poi il freddo della notte indurisce”. Neve per escursioni fuori pista a piedi o con gli sci, ma solo fino a metà mattina, fino a che sopporta il peso senza cedere: vi si cammina come sospesi.

SWALBALASNEEA, “la neve della rondine, la neve di marzo che è sempre puntuale nei secoli”, soffice o bagnata, larga o simile a tormenta, volubile come il clima di marzo, neve che è l’ultima resistenza dell’inverno.

KUKSNEEA, la neve di aprile: “Sui prati che incominciano a rinverdire e dove sono fioriti i crochi non si ferma molto perché ancora prima del sole la terra in amore la fa sciogliere”. Neve effimera, neve di fine stagione.

BÀCHTALASNEEA, la neve della quaglia, neve di maggio, non frequente, ma neppure rara: la temperatura cala bruscamente, una grossa nuvola si avvicina e per poche ore butta la neve sui tarassachi e sui miosotidi, allarmando i caprioli, spaventando gli uccelli e uccidendo le api avventuratesi nei prati.

KUASNEEA, la neve delle vacche, la rara neve d’estate, che fa scendere urlanti dai pascoli le vacche affamate: Rigoni Stern dice di averla vista nel 1983 e di non essere sicuro del nome…

“Ho tante nevi nella memoria: nevi di slavine, nevi di alte quote, nevi di montagne albanesi, di steppe russe, di lande polacche. Ma non di queste intendo parlare, dirò di come le nevi un tempo venivano indicate dalle mie parti: nevi dai più nomi, nevi d'antan, non considerate nei bollettini della stazioni meteorologiche”. Così introduceva Rigoni Stern questo racconto di antichi nomi: già a lui, nato nel 1920, risultavano quasi estranei. Perdere questi patrimoni linguistici è davvero un peccato, ma sembra purtroppo inevitabile: a noi basta dire “nevica” oppure “piove” e tutto è risolto, abbiamo ormai sacrificato anche la poesia del vivere sull'altare del progresso.

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Walter Elmer Schofield, “Morning light”, 1922

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LA FRASE DEL GIORNO
La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. .
MAXENCE FERMINE, Neve




Mario Rigoni Stern (Asiago, 1º novembre 1921 – 16 giugno 2008), scrittore italiano. I suoi testi, di cui il più noto è il romanzo Il sergente nella neve, piccola Anabasi di un gruppo di alpini italiani sul fronte del Don, nel secondo conflitto mondiale, hanno doti di freschezza e d'immediatezza lirica decantata in coscienza morale.


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