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mercoledì 13 gennaio 2010

Ciò che volevamo e non avemmo

ALESSANDRO PARRONCHI

LIDO

Cara, cerchi laggiù due che s'aggirano
e nel vento che sbianca il lungomare
si soffermano, poi lenti riprendono
l'uno all'altro sorretti in un respiro.

Credi di riconoscere la traccia
d’un cammino che va, oscilla nell'ombra,
dici che noi per sempre siamo là
in un tempo che non balza né affonda.

Ma io ti dico che quelli non esistono.
Non furon vivi nemmeno in sogno.
Quel che fu non è vero. Non è vero
che ciò che volevamo e non avemmo.

(da Coraggio di vivere, 1956)

.

“La vita mi ha profondamente modificato” scriveva Alessandro Parronchi nella prefazione a “Diadema”, l’antologia delle sue poesie da lui stesso raccolta nel 1997. E raccontava la presa di coscienza del realismo, del “vero” come “unica possibile scelta”. Questo suo realismo poetico risalta qui, in “Lido”, dove la sua visione si contrappone a quella di una donna amata – e si noti che quando scrive questi versi il poeta fiorentino ha appena superato i trent’anni. Il ricordo, il suo fascino consolatorio, non appartiene – o non appartiene ancora – a Parronchi: se la donna riesce a riconoscere nella memoria un punto fermo, una giornata ventosa sul lungomare, il poeta si scopre invece disincantato, non è il passato che rincorre ma il passato come avrebbe dovuto svolgersi nel desiderio. E, come Gozzano, si scopre a desiderare “le rose che non colsi / le cose che potevano essere / e non sono state”.


Diane Romanello, “Palm Beach”


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LA FRASE DEL GIORNO
Quanto è più propinquo l’uomo a un suo desiderio, più lo desidera; e non lo avendo, maggior dolore sente.
NICCOLÒ MACHIAVELLI, Clizia, I, 2




Alessandro Parronchi (Firenze, 26 dicembre 1914 – 6 gennaio 2007), poeta, storico dell'arte e traduttore italiano. Con il suo stile ricercato è passato da un ermetismo  incantato a un intimismo che trae giovamento dalla consolazione della memoria: per questo le sue poesie sono oggetto di un meditato lavorio con cui il ricordo media l’emozione.


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