Il 9 dicembre due degli eterni candidati al Premio Nobel per la Letteratura, il peruviano Mario Vargas Llosa e l’italiano Claudio Magris, si sono confrontati a Lima, nella sede della Biblioteca Nazionale del Perù, sul tema a loro caro: la letteratura. La conferenza-dibattito “Romanzo, cultura e società” era organizzata dal’Istituto italiano di Cultura.
I due scrittori concordano: i migliori romanzi non nascono dalla ragione, ma dal lato oscuro e irrazionale che ci portiamo dentro in quanto esseri umani. Magris ha parlato di due modi di scrivere: “con la mano” e “con la testa”. Gli scrittori che appartengono al primo genere sono i migliori, perché in essi abita il genio; i secondi invece si elevano con la loro intelligenza.
Vargas Llosa ritiene che un romanzo si scriva “con la totalità umana”, pur riconoscendo che “dalla parte oscura e nascosta della sua personalità, che talora richiama demoni e fantasmi” deriva una vivacità che arricchisce la sua opera. Il romanzo si scrive dunque con la ragione e i fondi oscuri dei quali non siamo totalmente coscienti; i saggi invece richiedono “un grande sforzo di comprensione razionale”.
Magris, a proposito della costruzione del tempo nella letteratura, paragona il lavoro dello scrittore contemporaneo nel ricomporre questo tempo frammentario al filo di Arianna che permise a Teseo di uscire dal Labirinto. Vargas Llosa giudica il tempo letterario un puro artificio, “mai arbitrario però, solo necessario alla costruzione della trama”, essenziale comunque alla buona riuscita o all’insuccesso di un’opera.
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Fotografia © Mundiario
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LA FRASE DEL GIORNO
Non importa quanto sia effimero, un romanzo è qualcosa, mentre la disperazione non è nulla.
MARIO VARGAS LLOSA
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