Quella di Eluana Englaro è una vicenda che scuote le coscienze: non può lasciare insensibili i cattolici, che vedono messo in discussione il diritto della vita; e non può, del resto, non smuovere i laici, che si battono per la libertà di morire. È questione di delicatissimi diritti personali e di dignità. Ne è nata invece una spaccatura non solo nella già martoriata società italiana, ma anche nella gestione dei poteri dello stato, con il decreto del governo cui il presidente Napolitano non ha voluto apporre la firma dopo aver indebitamente tentato di influenzarne la stesura. Uno sfruttamento politico del caso era proprio quello che non ci serviva, adesso.
Tutta la vicenda è stata gestita male dal principio: i giudici non si possono arrogare i compiti legislativi che spettano al Parlamento, si devono limitare ad applicare la legge e ad interpretarne i punti oscuri. Il potere legislativo, dal canto suo, ha tardato ad analizzare gli eventi, a dibattere e a legiferare su questo campo molto sentito, che coinvolge anche il testamento biologico. Dopo la prima sentenza su Eluana, che risale a molto tempo fa, sarebbe stato doveroso.
Il risultato, come sempre in Italia, è questo muro contro muro, questo scendere in piazza di opposte fazioni che non si rispettano: il rigurgito anticlericale con tutti i suoi luoghi comuni da un lato, i rosari e le fiaccole dall'altro nel solito gioco in cui il dialogo è limitato all'urlo e all'insulto, alla malcelata ironia, al disprezzo puro. Ci si è messo pure il signor Englaro a parlare di sua figlia "violentata", e questo se lo poteva risparmiare: "violentata" dalle cure delle suore, delle infermiere, dei medici? Lo si può perdonare solo per il tormento che deve subire dai media, morbosi ed ossessivi come in ogni occasione, dalla casa del delitto di Cogne ai mocassini di Alberto Stasi, dal maglioncino verde di Raffaele Sollecito alla Bibbia di Olindo Romano.
Il fatto è che Eluana non ha scelto l'eutanasia: è in coma e non può descrivere quello che prova. La "sua" scelta è quella del padre e della tutrice, che si rifanno a frasi gettate là in un comune discorso. Questa morte programmata da altri fa inorridire: "Nessuno tocchi Caino", per carità, siamo contro la pena di morte. E questa cos'è? Ma davvero vogliamo che altri decidano per noi? Che i genitori, i figli, i giudici, il TAR, il governo abbiano l'ultima parola sulle nostre vite? Se è vero, non è più uno Stato, è un incubo!
Personalmente avrei preferito il silenzio, e - secondo le mie convinzioni - non sospenderei l'alimentazione ad Eluana, non avendo alcuna certezza su quello che proverà: neppure la scienza con tutte le sue pretenziose conoscenze è in grado di dirlo; anzi, secondo il medico che cura Eluana, "il tradizionale sentire medico ne è urtato" (intervista a Mente Critica). Eluana, il cui corpo vive e respira autonomamente, morirà di sete! Ma quello che penso non conta: quello che conta è l'assurdo vuoto legislativo che fa dell'Italia uno "stato di diritto" solo quando le sentenze fanno comodo.
Foto: Corriere.it
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LA FRASE DEL GIORNO
Le leggi sono come le ragnatele, le quali, se acchiappano le mosche, sono sfondate dai mosconi.
FRANCESCO BACONE
Difficile ogni commento, aspri purtroppo i toni opposti che ci circondano e che a tutti i costi vogliono 'urlare' le proprie convinzioni. La penso come te, Daniele e credo che un modo per approfondire, rimanendo in rispetto per un caso così forte e doloroso sia la lettura di "Lo scafandro e la farfalla" di Jean-Dominique Bauby. Mi è capitato di vedere il film tratto dal libro, l'anno scorso. Immediatamente dopo, ho voluto leggere il libro. Questa settimana l'ho proposto a mia figlia. Era perplessa, per tutto quanto stava accadendo. Un modo per comprendere. Per comprendere davvero.
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Luciana - comoinpoesia
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Più passano le ore più mi sento un groppo amaro in gola. Stamattina mi è capitato di vedere per caso in TV un altro padre con la figlia in coma da 16 anni: che dignità, che compostezza nella sofferenza, quanto amore per quella figlia che "gli altri" dicono perduta. Attorno gli berciava il teatrino televisivo, ma lui vi svettava con la sua testimonianza. Un eroe.
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