Qualche giorno fa ricorreva il sessantesimo anniversario della dichiarazione dei Diritti dell'Uomo: il 10 dicembre 1948 a Parigi veniva sancita come fondamentale per la persona umana l'uguaglianza senza discriminazioni per motivi di razza, religione, sesso e lingua. I firmatari, radunati dall'ONU neonata, ne caldeggiarono l'adozione a tutti i paesi del mondo, senza però renderla vincolante.
Molti anni sono passati e molti diritti sono stati acquisiti, tanto che un senatore afroamericano è salito alla presidenza degli Stati Uniti nello scorso novembre. Ma molte restano le disuguaglianze e l'11 settembre 2001 è stato un passo indietro per i diritti.
Comunque, quel senatore divenuto presidente, Barack Obama, nei suoi discorsi ha voluto citare "Un sogno rinviato", celebre componimento del poeta nero americano Langston Hughes. Questi, nato a Joplin, nel Missouri, nel 1902, fu marinaio in giro per il mondo e poi autista di autobus e cameriere a Washington. La sua "coscienza nera" è il preludio alla "negritudine" di Léopold Sedar-Senghor e Césaire Aimé e influenzerà tutto il mondo della poesia afroamericana, il jazz, il blues e lo spiritual. Le sofferenze del popolo nero sono raccontate con la voce di chi è stato strappato alle sue radici ed è stato sconfitto e insultato, non trova più la forza di lottare e di rialzarsi, si trova estraneo ad una terra dove è nato e anche ad una terra vagheggiata, l'Africa, alla quale è altrettanto estraneo, e tuttavia accetta questo suo dramma lamentandosi sommessamente. Ma Hughes racconta anche con la voce di chi ama con gioia e nostalgia questa terra dalla quale è difficile emergere, che respinge ed è conquistata solamente con fatica e grande forza d'animo, con l'orgoglio di essere neri e di fare parte dell'America con gli stessi diritti di tutti.
Che succede ad un sogno rinviato?
Forse si secca
come un chicco d'uva al sole?
O come una ferita
poi macera?
Ha il fetore della carne putrida?
O fa la crosta, come un dolce,
zuccherosa e umida?
Forse è solo
un carico pesante.
O forse scoppierà?
Molti anni sono passati e molti diritti sono stati acquisiti, tanto che un senatore afroamericano è salito alla presidenza degli Stati Uniti nello scorso novembre. Ma molte restano le disuguaglianze e l'11 settembre 2001 è stato un passo indietro per i diritti.
Comunque, quel senatore divenuto presidente, Barack Obama, nei suoi discorsi ha voluto citare "Un sogno rinviato", celebre componimento del poeta nero americano Langston Hughes. Questi, nato a Joplin, nel Missouri, nel 1902, fu marinaio in giro per il mondo e poi autista di autobus e cameriere a Washington. La sua "coscienza nera" è il preludio alla "negritudine" di Léopold Sedar-Senghor e Césaire Aimé e influenzerà tutto il mondo della poesia afroamericana, il jazz, il blues e lo spiritual. Le sofferenze del popolo nero sono raccontate con la voce di chi è stato strappato alle sue radici ed è stato sconfitto e insultato, non trova più la forza di lottare e di rialzarsi, si trova estraneo ad una terra dove è nato e anche ad una terra vagheggiata, l'Africa, alla quale è altrettanto estraneo, e tuttavia accetta questo suo dramma lamentandosi sommessamente. Ma Hughes racconta anche con la voce di chi ama con gioia e nostalgia questa terra dalla quale è difficile emergere, che respinge ed è conquistata solamente con fatica e grande forza d'animo, con l'orgoglio di essere neri e di fare parte dell'America con gli stessi diritti di tutti.
UN SOGNO RINVIATO
Forse si secca
come un chicco d'uva al sole?
O come una ferita
poi macera?
Ha il fetore della carne putrida?
O fa la crosta, come un dolce,
zuccherosa e umida?
Forse è solo
un carico pesante.
O forse scoppierà?
* * *
ANCH'IO SONO L'AMERICA
Sono il fratello scuro
Mi mandano a mangiare in cucina
Quando vengono gli ospiti
Ma io rido
e mangio bene
e divento più forte
Domani,
mi siederò al tavolo
quando vengono gli ospiti
Nessuno allora oserà dirmi
'vai a mangiare in cucina'.
Inoltre,
vedranno quanto sono bello
e si vergogneranno
Anch'io sono l'America.
* * *
SONO UN NERO
nero com'è nera la notte
nero come le viscere della mia Africa.
Sono stato schiavo:
Cesare mi fece pulire le sue gradinate,
lucidai gli stivali di Washington.
Sono stato operaio:
sotto le mie mani crebbero le Piramidi
preparai la malta per il "Woolworth Building".
Sono stato cantore:
per tutte le strade dall'Africa alla Georgia
portai i miei canti di dolore
inventai il ragtime.
Sono stato una vittima:
i Belgi nel Congo mi tagliarono le mani
ora mi linciano nel Texas.
Sono un nero:
nero com'è nera la notte
nero come le viscere della mia Africa.
Non si può leggere Langston Hughes senza vergognarsi per quelle sofferenze inflitte in nome di un ideale oscurantista, senza capire quanto sia necessario che quei Diritti dell'Uomo vengano applicati. Il mondo è ancora lontano dalla perfezione a cui aspirava la dichiarazione del 10 dicembre 1948.
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LA FRASE DEL GIORNO
La libertà / è un seme robusto / seminato / nella grande necessità.
LANGSTON HUGHES, Libertà
James Mercer Langston Hughes (Joplin, Missouri, 1º febbraio 1902 – New York, 22 maggio 1967), poeta, scrittore, drammaturgo e giornalista statunitense. Si affermò già con la sua prima raccolta poetica, Weary blues, del 1926, come uno dei migliori poeti della tradizione popolare. È noto soprattutto per i suoi ritratti penetranti e vivaci della vita degli afroamericani negli Stati Uniti, dagli Anni Venti agli Anni Sessanta.
Di Hughes amo molto "Dreams"; è la prima poesia che ho letto in inglese e mi ha fatto appassionare alla letteratura: "Hold fast to dreams / for if dreams die / life is a broken-winged bird / that cannot fly. / Hold fast to dreams / for when dreams go / life is a barren field / frozen with snow"
RispondiEliminasusannacontadin.blogspot.com
Grande poesia, anzi... visto che non c'è, la metto nella lista di quelle da pubblicare.
RispondiEliminaGrazie e buona serata
Daniele