"Ho avuto l'onore di chiamare il senatore Barack Obama e di congratularmi con lui. Il solo fatto che abbia vinto merita tutto il mio rispetto. E io gli prometto qui questa sera di fare tutto quanto è in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le molte sfide che abbiamo davanti".
Che lezione di democrazia da queste parole del senatore repubblicano John McCain, candidato alle presidenziali americane, rivolte la notte stessa della sconfitta a quello che per mesi è stato un rivale, affrontato anche duramente durante la campagna elettorale, ma che, alla chiusura delle urne, diventa semplicemente il nuovo presidente. E le ha pronunciate davanti a una platea di repubblicani al Biltmore Hotel di Phoenix, placando anche qualche sparuto fischio di disapprovazione.
Dal canto suo, Barack Obama al Grant Park di Chicago ha tenuto a salutare l'avversario, ricordando anche il debito degli Stati Uniti nei confronti di un uomo rimasto per anni prigioniero dei suoi torturatori in Vietnam: "Il senatore McCain ha combattuto lungamente e duramente in questa campagna e ha combattuto anche più per il paese che ama. Ha sopportato sacrifici per l'America che la maggioranza di noi neanche può immaginare. Siamo tutti migliori grazie a questo coraggioso, altruista leader".
Ci colpisce ancora di più perché siamo in Italia e le due parti politiche non perdono occasione per rinfacciarsi le accuse più dure, ricorrendo a mezzucci di bassa lega e a insulti che molto spesso vanno sul personale. L'ultimo caso è la battuta - simpatica, infelice o di cattivo gusto, a seconda degli interlocutori - del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Mosca su Obama: "bello, giovane e abbronzato". Così si è sorvolato sul fatto che il premier ha detto anche che Obama "sarà un buon presidente". E sono volati gli insulti, da entrambe le parti. Parti che ora sono amplificate anche dai quotidiani: se per "La Repubblica" è una "Gaffe di Berlusconi", per "Il Giornale" invece "Obama è abbronzato, Veltroni nero".
Questa normalità americana manca alla nostra politica, almeno a quella della Seconda Repubblica, perché mi sembra di ricordare che prima di Tangentopoli i partiti non superavano mai il limite di guardia, la soglia della dialettica anche pungente e ironica - Andreotti ne è ancora un raffinato dicitore. Invece cosa accade? Che dopo una logorante campagna elettorale si assiste a una sceneggiata indegna in cui il vinto non omaggia il vincitore, e se riconosce la sconfitta, quando è innegabile, rosica e mette i puntini sulle i prima e i bastoni tra le ruote poi. E l'odio si riversa di continuo da un giornale all'altro, da un telegiornale all'altro, da una piazza all'altra.
This is not America, è l'Italia...
Immagine tratta da The Current
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LA FRASE DEL GIORNO
La politica... ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo, ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere.
LUCIANO BIANCIARDI, La vita agra
Signorilità, dignità, classe, rispetto del prossimo...(ma si potrebbe continuare a lungo): potrebbero entrare a buon diritto nella compilazione di un 'Dizionario dei termini perduti'.
RispondiEliminaItaly, Today (purtroppo)
Luciana
E il limite sembra non esserci: attacchi personali, inutili e sterili polemiche. Così non costruiremo mai niente, è un tutti contro tutti senza dignità e senza ascoltare l'avversario, ma solo guardandolo attraverso il paraocchi del pregiudizio.
RispondiEliminaa me fa paura il tono della contrapposizione politica: una carica di odio e violenza che non so davvero dove ci porterà. Dio protegga l'Italia!
RispondiEliminaeugenia
C'è una virulenza senza precedenti. Sono troppo giovane per ricordare, ma credo fosse un po' l'aria che si respirava prima degli anni di piombo. Solo che là erano le frange a insultarsi e pestarsi e poi a sparare. Qui è tutto il tappeto! E questo mi atterrisce: parole come "regime" dovrebbero essere bandite dal lessico politico, non fanno che esacerbare gli animi e svilire una democrazia che nonostante tutto funziona (salvo poi che chi perde le elezioni ogni volta parla appunto di "regime"). Obama e McCain sono di un'altra stoffa: si può essere su fronti diversi e rispettarsi - ma non in Italia, ahimè.
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