EUGENIO MONTALE
RIPENSO IL TUO SORRISO
a K.Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d'una giovinetta palma...
(da Ossi di seppia, Gobetti, 1925)
Per l'analisi del testo alla prova di italiano dell'esame di stato 2008 il Ministero della Pubblica Istruzione ha scelto una poesia di Eugenio Montale tratta da "Ossi di seppia", raccolta del 1925, infilandovi un clamoroso errore: non è ispirata da una figura femminile, ma da un ballerino russo... Ottima scelta, comunque.
In quella che i critici chiamano "teologia negativa" di Montale - "Non chiederci la parola", "Spesso il male di vivere" - si inseriscono dei versi che aprono una breccia nella certezza che la poesia non può lanciare messaggi, ma solo esprimere la consapevolezza del male di vivere al di là di poche parole consolatorie.
"Ripenso il tuo sorriso", scritta nel 1923, è un raggio di sole in questo buio, è un lumino lontano che barbaglia e sembra indicare possibile una via di fuga: il processo per giungere alla salvezza è il dolore, la sofferenza: con il potere catartico del dolore l'uomo da sé riesce a redimersi, a recuperarsi, a dare un significato alla sua vita ed alla sofferenza stessa.
La poesia è tutta incentrata sul ricordo di un volto amico, quello del danzatore russo Boris Kniaseff, conosciuto da Montale a Genova e ammirato al Teatro Verdi - quindi è sbagliato l’assunto ministeriale che parla di “figura femminile" e di "donna". Il poeta ne oggettiva i tratti in una similitudine tranquilla e pacata, quella dall'acqua che scorre limpida tra i ciottoli nell'alveo di un torrente, dove si specchiano tralci d'edera e un cielo luminoso.
Ricordare il sorriso fa dimenticare per un attimo l'angoscia del vivere, è una consolazione dolce che placa "i crucci estrosi", che rasserena come quel rivolo che illumina "le petraie d'un greto". Alfredo Gargiulo, nell'introduzione alla seconda edizione di "Ossi di seppia", a proposito di questa "petraia", ne aveva parlato come di ciò che "un senso della vita umana e cosmica lascia intravedere" in fondo a tutto. "Pietrosità" aveva sinteticamente definito la poesia di "Ossi di seppia", con il suo linguaggio volutamente stridente, talora gravato da fratture di ritmo.
Montale non conosce bene Kniaseff, non sa interpretare quel sorriso: se sia l'espressione di una esuberante spensieratezza al limite della giovanile ingenuità o la manifestazione di una sofferenza intima, di un dolersi per le brutalità del mondo, conosciuto fin troppo bene durante le tournées.
Quello che gli basta sapere è che ripensarne il volto sereno ed aperto gli giova ed è di conforto al suo tedio, al grigiore della sua vita, come un rigoglio della natura a primavera, come la tenera cima di una palma, agile e flessibile quale solo un danzatore sa essere.
È un fermento quello che Montale ricerca, una sensazione che riscuota la sua vita stagnante dal sopore, che sciolga il sentimento di delusione e di incomunicabilità "in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia": sia il sostare in un giardino d'estate o il profumo dei limoni in fiori, sia il mare di "Mediterraneo" o un volto sorridente.
"Ripenso il tuo sorriso", scritta nel 1923, è un raggio di sole in questo buio, è un lumino lontano che barbaglia e sembra indicare possibile una via di fuga: il processo per giungere alla salvezza è il dolore, la sofferenza: con il potere catartico del dolore l'uomo da sé riesce a redimersi, a recuperarsi, a dare un significato alla sua vita ed alla sofferenza stessa.
La poesia è tutta incentrata sul ricordo di un volto amico, quello del danzatore russo Boris Kniaseff, conosciuto da Montale a Genova e ammirato al Teatro Verdi - quindi è sbagliato l’assunto ministeriale che parla di “figura femminile" e di "donna". Il poeta ne oggettiva i tratti in una similitudine tranquilla e pacata, quella dall'acqua che scorre limpida tra i ciottoli nell'alveo di un torrente, dove si specchiano tralci d'edera e un cielo luminoso.
Ricordare il sorriso fa dimenticare per un attimo l'angoscia del vivere, è una consolazione dolce che placa "i crucci estrosi", che rasserena come quel rivolo che illumina "le petraie d'un greto". Alfredo Gargiulo, nell'introduzione alla seconda edizione di "Ossi di seppia", a proposito di questa "petraia", ne aveva parlato come di ciò che "un senso della vita umana e cosmica lascia intravedere" in fondo a tutto. "Pietrosità" aveva sinteticamente definito la poesia di "Ossi di seppia", con il suo linguaggio volutamente stridente, talora gravato da fratture di ritmo.
Montale non conosce bene Kniaseff, non sa interpretare quel sorriso: se sia l'espressione di una esuberante spensieratezza al limite della giovanile ingenuità o la manifestazione di una sofferenza intima, di un dolersi per le brutalità del mondo, conosciuto fin troppo bene durante le tournées.
Quello che gli basta sapere è che ripensarne il volto sereno ed aperto gli giova ed è di conforto al suo tedio, al grigiore della sua vita, come un rigoglio della natura a primavera, come la tenera cima di una palma, agile e flessibile quale solo un danzatore sa essere.
È un fermento quello che Montale ricerca, una sensazione che riscuota la sua vita stagnante dal sopore, che sciolga il sentimento di delusione e di incomunicabilità "in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia": sia il sostare in un giardino d'estate o il profumo dei limoni in fiori, sia il mare di "Mediterraneo" o un volto sorridente.
Auguste Albo, "Ritratto di Boris Kniaseff"
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LA FRASE DEL GIORNO
Voler bene è facile, succede quando uno meno se lo aspetta, uno sguardo, una parola, un gesto, e il fuoco si propaga bruciando petto e bocca; il difficile è dimenticare.
JORGE AMADO, Teresa Batista stanca di guerra
Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere" si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.
"tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua/
RispondiEliminae recano il loro soffrire con sé come un talismano"
è tutto espresso qui,
il contrasto montaliano:
“il male di vivere”, indossato nella disinvoltura d'un sorriso...
(Certo che quei baldi competenti del ministero... sono incredibili, eh?...e fosse la prima volta, poi...!)
Tutti noi abbiamo, chi più chi più meno, quel talismano sotto forma di esperienza vissuta.
RispondiEliminaQuanto all'errore, oggi si è ripetuto: nella versione di greco mancava una parola essenziale alla comprensione di una frase; il testo di inglese dicono addirittura fosse un obbrobrio per gli errori ortografici. Il bello è che temi e versioni sono stati scelti a febbraio... C'era tempo di controllare e ricontrollare. Condivido il corsivo di Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi: "Brunetta, licenziane uno!"
direi che si dovrebbe "gentilmente" invitarli a sostenere l'esame di maturità - così, tanto per ripassare un po'....per evitare futuri strafalcioni di tal mole...
RispondiEliminaSembra che la responsabile, peraltro al lavoro nonostante fosse in pensione, sia stata già rimossa. È chiaro che va rivisto tutto il sistema: non è possibile che le versioni e i problemi fossero in rete già prima dell'apertura delle buste - qualcuno ha fatto la spia.
RispondiEliminaCon i temi di quest'anno sarei andato a nozze: Montale e Luciano. A me toccarono l'uomo cittadino del suo tempo e Seneca...