martedì 30 aprile 2013

Automobili in fuga

 

YEHUDA AMICHAI

STRADA

Un bagliore di automobili in fuga
i miei pensieri riordinava in bianco e nero.

Io che attraverso la strada
solo nei punti consentiti dalla legge,
sono stato invitato all’improvviso
fra le rose.

E come si chiarisce un bruno ramo
nel punto in cui si spezza, così io
nel mio amore
sono chiaro.

(da Poesie, Crocetti, 1993 – Traduzione di Ariel Rathaus)

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La vita di tutti i giorni fa spesso da sfondo alle poesie dell’israeliano Yehuda Amichai: uno spunto minimale dal quale partire per meditazioni più profonde sulla vita e sulla morte, sui sentimenti, sulla fede religiosa, su temi filosofici. La sincerità del suo amore –l’amore di un uomo retto che rispetta le regole anche più elementari – proprio per questo non può essere messa in dubbio, dice Amichai con queste immagini gentili.

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Doisneau

ROBERT DOISNEAU, “LE BAISIER DE l’OPERA HOUSE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando cerchi sinceramente l'amore, lo trovi che ti sta aspettando.
OSCAR WILDE, De profundis




YeYehuda_Amichaihuda Amichai, all'anagrafe Ludwig Pfeuffer (Würzburg, 3 maggio 1924 – Gerusalemme, 22 settembre 2000), è considerato da molti il più grande poeta israeliano moderno, ed è stato uno dei primi a scrivere poesia in ebraico colloquiale.


lunedì 29 aprile 2013

La palla che lanciai

 

DYLAN THOMAS

SPLENDESSERO LANTERNE

Splendessero lanterne, il sacro volto,
Preso in un ottagono d’insolita luce,
Avvizzirebbe, e il giovane amoroso
Esiterebbe, prima di perdere la grazia.
I lineamenti, nel loro buio segreto,
Sono di carne, ma fate entrare il falso giorno
E dalle labbra le cadrà stinto pigmento,
La tela della mummia mostrerà un antico seno.

Mi fu detto: ragiona con il cuore;
Ma il cuore, come la testa, è un’inutile guida.
Mi fu detto: ragiona con il polso;
Ma, quando affretta, àltero il passo delle azioni
Finché il tetto ed i campi si livellano, uguali,
Così rapido fuggo, sfidando il tempo, calmo gentiluomo
Che dimena la barba al vento egiziano.

Ho udito molti anni di parole, e molti anni
Dovrebbero portare un mutamento.

La palla che lanciai giocando nel parco
Non è ancora scesa al suolo.

(da Twenty-Five Poems, 1936)

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Il poeta gallese Dylan Thomas non è mai stato catalogabile in una corrente letteraria: i suoi versi sono un labirinto di immagini in cui si può ravvisare un po’ di tutto, dal surrealismo al simbolismo, dal romanticismo al modernismo. Costante è però la sua ossessione tematica per il tempo, per l’unità di ogni vita nel suo processo, per il legame tra le generazioni in un continuo ciclo di vita e di morte. È bellissima questa immagine della palla lanciata in gioventù e ancora in aria: non è la sindrome di Peter Pan quanto piuttosto la bellezza di chi sa sentirsi ancora bambino con il cuore.

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JACKI NEWELL, “BOY AND HIS BALL”

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LA FRASE DEL GIORNO
Una poesia è, o dovrebbe essere, un tratto impermeabile del fiume che sta scorrendo in tutte le direzioni, e tutte le immagini in conflitto entro di esso dovrebbero essere riconciliate per quel breve fermarsi del tempo
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DYLAN THOMAS




Dylan Marlais Thomas (Swansea, 27 ottobre 1914 – New York, 9 novembre 1953), poeta gallese. Surrealismo, simbolismo, neoromanticismo, modernismo risultano variegati nel suo corpus poetico senza però risaltare in quel suo modo di scrivere oscuro in cui morte, natura e amore si mescolano in un gioco di analogie e associazioni talora labirintiche e apertamente visionarie.


domenica 28 aprile 2013

Guardarsi negli occhi

 

GUNNAR EKELÖF

IL MOMENTO SUPREMO DELL’AMORE

Il momento supremo dell’amore
L’ora della verità
È quanto più lontano
Da tutti gli orpelli dell’amore
Lontano dal primo incontro
Lontano dal sesso
Lontano dalle carezze rassicuranti
Al capezzale del malato
La mano che accarezza un’altra mano lentamente
O accarezza una guancia
Il momento supremo, l’ora della verità
Il momento supremo
È quando l’occhio deflagra e si fonde
Con l’occhio che guarda
E l’occhio che guarda riceve il suo sguardo.

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Ah gli occhi! Ha ragione da vendere il poeta svedese Gunnar Ekelöf: gli occhi sono la lanterna attraverso cui si manifesta l’amore. Non lo è null’altro, né il bacio, né il sesso, né la dolcezza. Non lo è la tenerezza, non lo è la compassione. Lo sguardo di chi si ama sa parlare, sa esprimere quello che l’anima non riesce a dire attraverso la parola. Ed è in buona compagnia Ekelöf. Sentite Properzio: “Gli occhi sono guide in amore”. E lo Shakespeare di Romeo e Giulietta: “L’amore è un fuoco che sfavilla negli occhi degli amanti”. E ancora il Petrarca: “Allor fui preso; e non mi spiacque poi; sì dolce lume uscìa dagli occhi suoi”.

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LEONARDO DA VINCI, “GIOCONDA”, PARTICOLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
L'anima che con gli occhi può parlare / anche con lo sguardo può baciare
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GUSTAVO ADOLFO BÉCQUER, Rimas




Gunnar Ekelöf (Stoccolma, 15 settembre 1907 – Sigtuna, 16 marzo 1968), poeta e scrittore svedese. Considerava l'esoterismo orientale, nonché la mistica e la musica come quintessenza della poesia, contemplazione dell'arcano che è al fondo di ogni parvenza della realtà. Oppose un impegno etico alla crisi del mondo moderno.


sabato 27 aprile 2013

Una luna schermata

 

ROBERT FROST

COMPASSO DELLA LUNA

Furtivamente, nel gocciolante intervallo
Fra due scrosci, uscii a guardare.
E una luna schermata aveva allargato i suoi raggi
A compasso su un monte a forma di cono
Nella foschia di mezzanotte - come
Se il responso finale fosse il suo,
E fra le due aste misurandosi
Più alto svettò il monte, in sé raccolto:
Così fra due mani l'amore terrà un volto.

(da A further range, 1936 - Traduzione di Giovanni Giudici)

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"Che altro voglio comunicare se non che accidenti di piacere ho provato nello scrivere?" rispose durante un'intervista il poeta statunitense Robert Frost. Deve avergli procurato molto piacere questa Moon Compasses, qui tradotta da un grande poeta come Giovanni Giudici. Soltanto un'immagine, uno scorcio di luna uscito nel cielo tra una pioggia e l'altra: ma è quell'emozione che Frost condivide secondo un suo assioma teorizzato nel saggio La figura che la poesia crea, ovvero: "Nessuno può sostenere sul serio che l'estasi ha da essere statica e fermarsi in un solo luogo". Lo stupore deve essere condiviso.

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Klee

PAUL KLEE, “FUOCO, LUNA PIENA, 1933”

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia è un modo di prendere la vita alla gola
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ROBERT FROST




Robert Lee Frost (San Francisco, 26 marzo 1874 – Boston, 29 gennaio 1963), poeta statunitense, vincitore di quattro Premi Pulitzer. Le sue poesie, attraverso la raffigurazione con una notevole padronanza del linguaggio colloquiale della vita rurale del New England all’inizio del ‘900, indagano temi sociali e filosofici. La strada non presa è la sua poesia più celebre.


venerdì 26 aprile 2013

La voce del mare

 

CHARLES TOMLINSON

ESTETICA

Non nel cemento si cerchi la realtà,
ma nello spazio, reso articolato:
la spiaggia, per esempio,
che tra muro e muro s'allarga,
la voce del mare
che dal silenzio il silenzio infrange.

(da The Necklace, 1955 - Traduzione di Silvano Sabbadini)

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Questa visone estetica del poeta inglese Charles Tomlinson è quella di un viaggiatore, capace di osservare non soltanto i grandi monumenti delle città d'arte italiane ma anche e soprattutto - come un pittore, quale del resto è - le sottili distinzioni nel colore del mare, le sfumature del cielo nel divenire di un tramonto. Un sentimento della natura guida questa estetica, un'essenza nuova e antica, immobile e insieme in continuo mutamento: “Per definire il mare / mutiamo le nostre opinioni / col mutare della luce”.

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MARGARETH HEATH, “BEACH HUTS, SOUTHWOLD”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'arte esiste dopo un intervallo, / dopo due la rievocazione, e discute / di un blu di cui qualcuno udì / qualcun altro parlare.
CHARLES TOMLINSON, Seeing is Believing




Alfred Charles Tomlinson (Stoke-on-Trent, 8 gennaio 1927), poeta, traduttore, pittore e accademico inglese. Studiò a Cambridge e insegnò Letteratura Inglese all’Università di Bristol. Tra le sue traduzioni Antonio Machado, Vallejo, Tjutcev, Attilio Bertolucci e Octavio Paz.


giovedì 25 aprile 2013

Gli inermi

 

ALFONSO GATTO

LE VITTIME

La storia fosse scritta dalle vittime
altro sarebbe, un tempo di minuti,
di formiche incessanti che ripullulano
al nostro soffio e pure ad una ad una
vivide di tenacia, intente d'essere.

Gli inermi che si scostano al passaggio
delle divise chiedono allo sguardo
dei propri occhi la letizia ansiosa
d'essere vinti, il numero che oblia
la sua sabbia infinita nel crepuscolo.
Dei vincitori, ai ruinosi alberghi
del loro oblio, più nulla.

Rimane chi disparve nella sera
dell'opera compiuta, sua la mano
di tutti e il fare che è del fare il tenero.
È il nostro soffio che gli crede, il dubbio
di perderlo nel numero, tra noi.

(da La storia delle vittime, Mondadori, 1966)

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25 aprile, un’altra volta. Nessun vano discorso retorico, nessun nuovo odio a fomentare altro odio non tra i superstiti, che ormai diminuiscono di anno in anno, ma tra chi è venuto dopo e si è appropriato dell’una o dell’altra ideologia. No: soltanto una poesia di Alfonso Gatto, solo la storia delle vittime, di quanti sono caduti, di quanti si sono sacrificati o furono invece, inermi, sacrificati dalla storia, dalla guerra civile, dalla ferocia nazifascista o dalla vendetta partigiana. È su quelle vittime che può poggiare l’Italia di oggi, anche se spesso se lo dimentica, come in questo momento in cui gli schieramenti litigano sul vuoto pur di non trovare una base sulla quale edificare.

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LA FRASE DEL GIORNO
L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di averla.
ISAIAH BERLIN, Libertà




Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.


mercoledì 24 aprile 2013

È passato da me Blok

 

LINA KOSTENKO

IERI NELLA PIOGGIA È PASSATO DA ME BLOK

Ieri nella pioggia è passato da me Blok.
I capelli bagnati, le goccioline sulle gote.
Pallido per la mestizia, silente per i pensieri,
prossimo alle lacrime, quasi reale.
È rimasto un poco, non ha detto parola,
ha sorriso con gli occhi stupendi.
E la notte sulle curve di ali vrubeliane
campeggiava a lungo dietro le sue spalle…

(da Poesia, n. 275 - Traduzione di Paolo Galvagni)

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È la meraviglia che ben conoscono i lettori: quella di ospitare nelle proprie case i personaggi delle opere che si leggono, e gli scrittori stessi e soprattutto i poeti. Come l'amato Aleksandr Blok che appare in questi versi della poetessa ucraina Lina Kostenko: il tormentato poeta simbolista giunge da quasi un secolo prima ma non come un fantasma, piuttosto come un triste compagno silenzioso in una sera di pioggia. Dietro di lui, anche la notte si trasforma, diventa sfondo da dipinto di Mikhail Vrubel, pittore russo dell'epoca di Blok, anch'egli simbolista, a completare un sogno ad occhi aperti.

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MIKHAIL VRUBEL, “NOTTE ITALIANA”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'uomo che sa leggere parla con gli assenti, e si mantiene in vita gli estinti. Egli è in comunicazione con l'universo - non conosce la noja - viaggia – s'illude.

CARLO DOSSI, Note azzurre




Lina Kostenko (Ržyščiv, 19 marzo 1930), poetessa e scrittrice ucraina. È la scrittrice più rappresentativa della "Generazione dei '60" dei poeti ucraini, Šistdesjatnyky. La sua poesia è tipicamente lirica e sofisticata, ma fa anche molto affidamento su aforismi, espressioni colloquiali e linguaggio satirico ed è tipicamente critica nei confronti dell'autoritarismo. 


martedì 23 aprile 2013

Sono pieno di musica

 

RAFFAELE CARRIERI

SE AVESSI  UN VIOLINO

Se avessi un violino
E lo sapessi suonare!
Aperto, socchiuso
In un angolo scuro
Sono pieno di musica
Come un fiasco di vino

(da La giornata è finita, Mondadori, 1963)

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Quante cose da dire, e nessun modo per dirle. Quanto mistero da svelare e nessuno strumento per farlo. Il poeta tarantino Raffaele Carrieri con il suo tono asciutto, sfrondato dall'inutile orpello, esprime quell'ansia di dire che altrove è dolorosa lacerazione, ad esempio in Juan Ramón Jiménez, ma che qui si trasforma invece in un giocoso desiderio.

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MARC CHAGALL, “IL VIOLINISTA BLU”

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LA FRASE DEL GIORNO
Si fece un violino di vetro perché voleva vedere la musica.
WISLAWA SZYMBORSKA, Sale




Raffaele Carrieri (Taranto, 23 febbraio 1905 – Pietrasanta, 14 settembre 1984), scrittore e poeta italiano. A quattordici anni abbandonò la città natale e viaggiò imbarcandosi come marinaio su bastimenti mercantili. Tornato in Italia fu per due anni gabelliere a Palermo. ”La mia poesia è tutta autobiografica; ispirata a fatti realmente accaduti, a viaggi, a soggiorni in paesi stranieri” scrisse di sé.

lunedì 22 aprile 2013

Nella stanza di fianco

 

ELOY SÁNCHEZ ROSILLO

IL VIAGGIO

Sapere
che sei qui, mentre lavoro
nella stanza di fianco, mentre incontro
a quattr’occhi la poesia, mi stimola,
mi dà illusione e forza e speranza.
Entro nei miei sogni e mi inoltro
in ignote regioni
dove non sono mai stato.
Non ammette compagnia questa avventura:
bisogna essere soli
per trovare quello che vale.
Perdo occasioni ma talora mi imbatto
in meraviglie che
nessuno ha mai visto.
Non andartene, per favore, e aspetta il mio ritorno;
sarai tu, quando tornerò,
la prima a guardarle.

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La poesia è una Musa sensuale che non richiede distrazioni, ci dice il poeta spagnolo Eloy Sánchez Rosillo, più o meno come un’amante gelosa – la definizione di Emerson per l’arte. Possiamo stare qui a discutere a lungo se sia soltanto ipocrisia questo comportamento, che pone in secondo luogo l’amata al cospetto della Poesia, o se sia piuttosto un pedaggio che l’artista deve pagare per poter osservare quelle “meraviglie”, per cavarle come pietre preziose dalle rocce: perché, alla fine, il biglietto che paga alla cassa è quello della solitudine.

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EDWARD HOPPER, “HOTEL ROOM, 1931”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il progresso di un artista è un continuo sacrificio di sé, una continua estinzione della personalità
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THOMAS STEARNS ELIOT, Il bosco sacro




Eloy Sánchez Rosillo (Murcia, 24 giugno 1948), poeta spagnolo.  Nelle sue poesie balenano scorci di ciò che era e di ciò che è scomparso. Tra pienezza e malinconia, sono testimonianza della vita di un uomo e della certezza di un mondo, scritte con uno stile scorrevole e senza enfasi.


domenica 21 aprile 2013

Lo scopo della vita

 

ANNE SEXTON

UNA SOLA VOLTA

Una sola volta compresi lo scopo della vita.
Accadde a Boston, inaspettatamente.
Camminavo lungo il Charles
e vidi le luci duplicarsi, tutte
con il cuore al neon e vibrante,
spalancando la bocca come cantanti d’opera;
e contai le stelle, le mie piccole veterane,
cicatrici fiorite, e capii che stavo portando
il mio amore sulla sponda verde notturna, e in lacrime
aprii il cuore alle auto dirette a est e a ovest
e feci passare un ponticello alla mia verità
e la condussi a casa in fretta col suo fascino
e fino all’alba accumulai queste costanti
per scoprire poi che se n’erano andate.

(da L’estrosa abbondanza, Crocetti, 1997- Traduzione di Edoardo Zuccato)

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L’esplorazione continua di sé che è alla base di gran parte dei testi della poetessa statunitense Anne Sexton sembra trovare qui una felice soluzione, uno sbocco che finalmente porta a comprendere i segreti del vivere. Ma altro non è che un’illusione, come un lampo che illumina a giorno il cielo in una notte d’estate ma dura soltanto un infinitesimo istante, troppo breve perché i nostri occhi e la nostra mente possano serbare memoria della visione.

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RACHEL NIEDERMAYER, “BOSTON SKYLINE BY NIGHT”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non si possiede ciò che non si comprende
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JOHANN WOLFGANG GOETHE, Massime e riflessioni




Anne_Sexton_by_Elsa_DorfmanAnne Sexton (Newton, Massachusetts, 9 novembre 1928 – Weston, Massachusetts, 4 ottobre 1974), scrittrice e poetessa statunitense. La sua poesia, definita confessionale, con dettagli intimi della sua vita privata, descrive la lunga battaglia contro la depressione, terminata con il volontario avvelenamento da monossido di carbonio nel garage di casa.


sabato 20 aprile 2013

Dietro la porta

 

EMILIO PRADOS

HO CHIUSO LA MIA PORTA AL MONDO

Ho chiuso la mia porta al mondo;
ho lasciato fuggire la mia carne nel sogno…
Mi sono chiuso dentro, magico, invisibile,
e nudo come un cieco.

Pieno fino al bordo stesso degli occhi,
mi illumino da dentro.

Tremulo, trasparente,
sono rimasto sopra il vento,
come un limpido vaso
di acqua pura,
come un angelo di vetro
in uno specchio.

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Questa poesia che possiamo definire “meditativa” del poeta spagnolo Emilio Prados mi ha riportato alla memoria i versi di un altro più celebre poeta spagnolo, il Premio Nobel Juan Ramón Jiménez: “Che nulla m'invada da fuori, / che solo mi ascolti io di dentro. / Io dio / del mio petto”. La stessa ricerca del mistero supremo attraverso la libertà dello spirito, un metafisico superamento della realtà esteriore.

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TIFFANY DARLING, “BEHIND CLOSED DOORS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Voglio fuggire, perdermi lontano / in quelle regioni dove larghe foglie / tremano sullo stagno dei sogni che traboccano
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EMILIO PRADOS




Emilio Prados Such (Málaga, 4 marzo 1899 – Città del Messico, 24 aprile 1962), un poeta spagnolo appartenente alla Generazione del '27 La sua poesia mescola elementi d'avanguardia e surrealisti con le sue radici arabo-andaluse e la poetica purista e neopopolare dell'epoca. Passa dalla ricerca delle corrispondenze della natura con l'alterità dell'essere al senso di sradicamento e solitudine dell'esilio. 

venerdì 19 aprile 2013

La rima fiore amore

 

UMBERTO SABA

AMAI

Amai trite parole che non uno
osava. M'incantò la rima fiore
amore,
la più antica, difficile del mondo

Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l'abbandona.

Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.

(da Mediterranee, 1946)

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Questo è il manifesto poetico di Umberto Saba, nel quale il poeta triestino, ormai giunto ai sessant’anni, rivendica la bontà dei suoi versi, ancorati certamente ad uno stile retrò – adesso si direbbe “vintage” – ma in fuga dalle avanguardie e dalle nuove tecniche stilistiche per esprimere, con quelle parole antiche e quelle rime che i critici definiscono banali, concetti nuovi. L’importante, dice Saba, non è il mezzo, ma la cosiddetta “onestà poetica”, la chiarezza e la semplicità che sono in grado di comprendere le verità nascoste e di svelarle. Una lezione di cui ha fatto tesoro Giorgio Caproni: come non pensare leggendo “Amai” di Saba all’incipit di “Per lei”: “Per lei voglio rime chiare, / usuali: in -are. / Rime magari vietate, / ma aperte: ventilate…”

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TRIESTE, VIA DANTE – STATUA DI UMBERTO SABA

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LA FRASE DEL GIORNO
I fatti preesistono. Noi li scopriamo, vivendoli
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UMBERTO SABA, Scorciatoie e raccontini




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

giovedì 18 aprile 2013

Il bastone da ciechi

 

REINER KUNZE

POETICA

Per Jakub Ekier

Ci sono tante risposte
eppure non sappiamo porre le domande

La poesia è
il bastone da ciechi del poeta

Con esso tocca le cose
per riconoscerle

(da Un giorno su questa terra, 1998 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)

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La metafora che ha scelto il poeta tedesco - ex dissidente tedesco orientale - Reiner Kunze per rappresentare la poesia, mi ha molto colpito.  In realtà, il bastone da cieco che consente di camminare nel buio totale è molto simile alla mia concezione di poesia, ovvero quella del lampo che illumina l'oscurità per un istante: quell'emozione è il superamento della nostra finitudine mortale, è il mezzo per penetrare il mistero della vita, per riconoscerla.

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FERMIN ROCKER, “BLIND MAN”

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia oltre che verità è soprattutto poesia.
REINER KUNZE, Un giorno su questa terra




Reiner Kunze (Oelsnitz, 16 agosto 1933) è un poeta tedesco. Cresciuto nella Repubblica Democratica fu ostacolato dal regime per le sue idee liberali: lasciò l’insegnamento e fu costretto a dedicarsi a lavori manuali. Nel 1977 si trasferì nella Repubblica Federale, a Passau, dove tuttora vive.

mercoledì 17 aprile 2013

Lenta e rosata

 

VINCENZO CARDARELLI

SERA DI LIGURIA

Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s'accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.

(da Poesie, 1936)

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Una delle più celebri poesie di Vincenzo Cardarelli: il poeta laziale usa le parole come una tavolozza per dipingere questo suo quadro dai toni spiccatamente impressionisti. Il tramonto su una marina ligure è l’occasione per esprimere l’emozione, lo stato d’animo di una sottile nostalgia derivata da quella scena: le coppie che discorrono nei giardini, le luci delle case che si illuminano, la foschia che avanza dal mare, le chiese imponenti della costa.

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Portovenere

CARTOLINA DI PORTOVENERE

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LA FRASE DEL GIORNO
La sera soffre ancora / per il tramonto non rimarginato.

JORGE LUIS BORGES, Fervore di Buenos Aires




Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959), poeta, scrittore e giornalista italiano. Sorta dall’Avanguardia degli Anni Dieci, la sua poetica rivela influssi dell’espressionismo linguistico e del frammentismo, ad esprimere  temi come lo sradicamento, il viaggio, l'adolescenza, la perdita di identità.


martedì 16 aprile 2013

Quando si ama

 

GONZALO ROJAS

CHE SI AMA QUANDO SI AMA?

Che si ama quando si ama, mio Dio: la luce terribile della vita
o la luce della morte? Cosa si cerca, cosa si trova,
che cosa è questo: amore? La donna con la sua voragine, le sue rose,
                                                                           i suoi vulcani
o questo sole infiammato che è il mio sangue furioso
quando entro in lei fino alle ultime radici?

O è tutto un immenso gioco, Dio mio, e non c'è donna
e non c'è uomo ma un solo corpo: il tuo,
diramato in stelle di splendore, in fugaci particole
d'eternità visibile?

Muoio in questo, o Dio, in questa battaglia
d'andare e venire tra loro per le strade, di non poterne amare
trecento alla volta, perché sono condannato per sempre a una sola
a quella, a quell'unica che m'hai dato nel vecchio paradiso.

(da ¿Qué se ama cuando se ama?, 2000 - Traduzione di Gregorio Carbonero)

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Devoto dell’amore, definito da lui “flusso spontaneo delle vene incendiate dal desiderio di non morire”, il poeta cileno Gonzalo Rojas l’ha inseguito per tutta la vita, con Maria Mackenzie, sposata nel 1940, e soprattutto con la sua musa Hilda May, conosciuta a Parigi e sposata nel 1959. Qui, come il credente che si interroga non per dubitare della sua fede, ma per provarla, indaga sul senso più profondo dell’amore: se sia solo espressione fisica o non piuttosto quella somiglianza con la divinità insita nel concetto stesso della creazione.

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ROBERT DOISNEAU, “ESSAYEZ NOS PEDALOS”

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LA FRASE DEL GIORNO
I bizzarri entusiasmi, così a lungo provati, i sogni, le lacrime, le disperazioni, le tenerezze… non erano amore? Ma dove è mai allora l'amore?

GÉRARD DE NERVAL, Le figlie del fuoco




gonzalo_rojasGonzalo Rojas Pizarro (Lebu, 20 dicembre 1917 – Santiago del Cile, 25 aprile 2011), poeta cileno, fu professore universitario a Concepción, ottenendo anche diversi incarichi diplomatici. In seguito al golpe di Augusto Pinochet si rifugiò nella Germania Est e, più tardi, a Caracas, dove insegnò fino al rientro in patria, nel 1980.


lunedì 15 aprile 2013

Sabbia del deserto

 

ANNA DE NOAILLES

IL CONSIGLIO

Myro, sii deferente verso chi ti ama,
non credere il tuo dolce corpo
compiuto dagli dei,
senza l’amante stupito che il tuo occhio
fa sognare,
il tuo vanitoso essere non sarebbe quel che è.

Lontana dal flutto che le promette
un mormorante amore
la riva d’oro non è più che sabbia del deserto;
onora il desiderio nostalgico e fedele
che fa alla tua bellezza un margine infinito.
Quando hai uniti i piedi e le tue mani chiuse
all’ora dove il sonno viene a circondarti il letto,
guarda, sulla soglia d'entrata
del transitorio oblio
la morta che tu sei quando non sei amata…

(da L'Offrande - Traduzione di Paola Mastrocola)

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Nei versi della poetessa francese di origini rumene Anna de Noailles, contessa protagonista della Belle Époque, si colgono echi di Jammes e di Verlaine, virati su un estetismo più esasperato. Qui al centro della poesia c’è un concetto freudiano: si impara ben presto che essere amati costituisce un fattore positivo tale da giustificare la rinuncia ad altri vantaggi. E dunque anche la bellezza è vana se resta senza amore, la spiaggia più bella diventa un deserto ammasso di sabbia.

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Virginité

GUILLAUME SEIGNAC, “VIRGINITÉ”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore non si dona se non abbandonandosi, trasgredendo continuamente i limiti del proprio dono, sino a trapiantarsi fuori di sé.
JEAN-LUC MARION, Dio senza essere




Anna-Élisabeth Bassaraba de Brancovan de Noailles (Parigi, 15 novembre 1876 - 30 aprile 1933), poetessa e romanziera francese. Il suo lirismo appassionato si esalta in un'opera che sviluppa, in modo molto personale, i grandi temi dell'amore, della natura e della morte ma sa anche gestire l'umorismo nelle sue cronache giornalistiche.


domenica 14 aprile 2013

Di quale razza mi sentivo

 

UMBERTO BELLINTANI

FU QUELLA LA MIA GENTE

E un giorno in una torbida
luce accanto ad uomini intenti
a guardare nelle bocche dei cavalli
ho vagheggiato parole,
come schiocchi di fruste
urtantisi in un'aria
di terra d'ombra sonora,
e d'albero che si spacca
o si torce colpito
da saetta.
Ghignavano i cavalli.
Ed ho pensato a qual mai
dio s'affidavano
quelle figure di torba.
Mi dissi di quale razza mi sentivo.
E il cuore mi batteva forte forte.
Fu quella la mia gente,
di buon sangue plebeo,
staffilata per secoli,
serva della gleba,
e abbarbicata alla mia vita
come la mano di Rodin
al masso.

(da E tu che m’ascolti, Mondadori, 1963)

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È una rivendicazione delle proprie radici, delle forti e robuste radici contadine della gente della Bassa mantovana questa poesia di Umberto Bellintani: esprime un orgoglioso senso di appartenenza, lo stesso del protagonista di Paesi tuoi, di Cesare Pavese: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. È l’odore forte della terra, del letame, l’afrore delle bestie, il fumo che sale dalle stoppie, è la poesia della vita che si è appresa durante l’infanzia.

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Oldtimers

TONI GROTE, “OLD TIMERS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Le radici stanno dove siamo nati e cresciuti. Quelle radici non le tagli. Quelle radici sono elastici con un capo legato al campanile e l'altro intorno alla nostra vita. Più ti allontani e più gli elastici si tirano, finché diventano fini come corde di violino. Ma non si rompono. Quando sono tirati al massimo, passa il vento della memoria e questi elastici mandano i suoni dei ricordi. A sentirli pensi al paese e diventi debole. Molla le mani da dove ti tenevi aggrappato e gli elastici, con uno strappo, ti riportano a casa
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MAURO CORONA, Il canto delle manére




Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.

sabato 13 aprile 2013

Felice anch’io di nulla

 

ALFONSO GATTO

IL SÀNDALO

L'incannucciata di parole chiare
azzurre donne verdi quali il mare
a stecche dissolveva sopra il muro
in un velario d'aria come un puro
soffio la vita, il sàndalo al beccheggio
dell'acqua e già sul piede dell'addio
ad involarti. Ero felice anch'io
di nulla, mi giocavo il tuo contento.

Così per l'uscio aperto entrava il vento,
brezza di paglie ove stormiva il mare
un sonno verde di parole chiare.

(da Poesie d'amore, Mondadori, 1973)

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Una località della laguna veneta, un caffè del porto dove sta salpando un sandalo, leggera imbarcazione usata in quei posti, su cui è la donna amata. Una solarità assoluta attraversa questa poesia di Alfonso Gatto, un senso di pace e di quiete, cullata dal discorrere delle donne, dal frangersi dei riflessi sulla parete di canne. Una tranquillità che si trasforma in una immotivata felicità.

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GEORGE BIRRELL, “LOW TIDE, FIFE”

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LA FRASE DEL GIORNO
La felicità spesso si insinua attraverso una porta che non sapevate di aver lasciato aperta
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JOHN BARRYMORE



Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.


venerdì 12 aprile 2013

La microeternità

 

JACQUES PRÉVERT

IL GIARDINO

Mille anni e poi mille
Non possono bastare
Per dire
La microeternità
Di quando m'hai baciato
Di quando t'ho baciata
Un mattino nella luce dell'inverno
Al Parc Montsouris a Parigi
A Parigi
Sulla terra
Sulla terra che è un astro.

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LE JARDIN

Des milliers et des milliers d'années
Ne sauraient suffire
Pour dire
La petite seconde d'éternité
Où tu m'as embrassé
Où je t'ai embrassèe
Un matin dans la lumière de l'hiver
Au parc Montsouris à Paris
À Paris
Sur la terre
La terre qui est un astre.

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Ho già accennato alla mia scarsa predilezione per lo stile di Jacques Prévert, celebre e celebrato poeta francese. Devo tuttavia inchinarmi a certe sue invenzioni, come la “microeternità” nella quale si condensa il nucleo di questa coppia: baciarsi nella luce invernale del Parc Montsouris a Parigi – come in qualsiasi altra parte del globo, del resto – ha davvero la capacità di isolare i due amanti, di costituire un mondo a parte in cui gli innamorati sembrano in grado addirittura di fermare lo scorrere del tempo.

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FOTOGRAFIA © JEAN-NOËL RICHIEL

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LA FRASE DEL GIORNO
Baciami / Baciami a lungo / Baciami / Più tardi sarà troppo tardi /La nostra vita è ora
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JACQUES PRÉVERT




Jacques Prévert (Neuilly-sur-Seine, 4 febbraio 1900 – Omonville-la-Petite, 11 aprile 1977), poeta e sceneggiatore francese. Surrealista, anarchico, polemico, umorista: molte sono le facce di Prévert, ma una la convinzione che sottende la sua poetica: l’amore è l’unica salvezza del mondo


giovedì 11 aprile 2013

Incessante fuga

 

ALAÍDE FOPPA

ESILIO

La mia vita
È un esilio senza ritorno.
Non ebbe casa
la mia errante infanzia perduta,
non ha terra
il mio esilio.
La mia vita navigò
su vascelli di nostalgia.
Vissi sulle rive del mare
guardando l’orizzonte
verso la mia casa sconosciuta
pensavo di salpare un giorno
e il presente viaggio
mi lasciò ad altro porto di speranza.
È l’amore, forse,
la mia ultima baia?
Oh braccia che mi fecero prigioniera,
senza darmi riparo…
Anche dal crudele abbraccio
volli sfuggire.
Oh braccia fuggitive
che invano cercarono le mie mani….
Incessante fuga
e desiderio incessante
l’amore non è porto sicuro.
E non c’è terra promessa
per la mia speranza.

(da Poetica, anno 1, n. 1 - Traduzione di Mario Sigfrido Metalli)

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Ci sono vite così, attraversate dall’inquietudine come da un fuoco sacro, una scarica elettrica. Vite in perenne movimento, in continua fuga da qualcosa che il più delle volte è dentro se stessi, o da qualcuno, come successe ad Alaíde Foppa, scrittrice e poetessa guatemalteca nata a Barcellona da padre italo-argentino e vissuta in Messico. Due suoi figli si unirono alla guerriglia dell’Ejército de los Pobres e furono assassinati: nel 1980 Alaide si recò in Guatemala per accertare la loro scomparsa, ma venne rapita alla luce del giorno nella 9ª avenida della capitale. Da quel giorno nessuno la vide più…

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GINA DE GORNA, “ESCAPE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il coraggio consiste tuttavia nell'accettare di fuggire piuttosto che vivere quietamente e ipocritamente in falsi rifugi
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MAURICE BLANCHOT, L’amicizia




Alaíde Foppa Falla (Barcellona, Spagna, 22 marzo 1914 – Città del Guatemala, 19 dicembre 1980),  poetessa, scrittrice e traduttrice guatemalteca. Esule in Messico, vi fondò la rivista femminista Fem. Tornata in Guatemala per rinnovare il passaporto dopo l’assassinio del figlio, guerrigliero nella EGP, fu rapita in pieno giorno dai corpi paramilitari e presumibilmente assassinata.


mercoledì 10 aprile 2013

Fresche nuvole d’aprile

 

ANTONIA POZZI

BRUGHIERA

I

Accoccolato tra le pervinche
sfuggi
la furia ansante dei cavalli
e l'urlo
dei cani al sole.

Tu sei come il ramarro verde e azzurro
che del proprio rumore si spaura
e hai cari
questi ciliegi appena in fiore, quasi
senz'ombra.

Tenui
profili di colline alle tue ciglia:
e all'orecchio
così curvo sull'erica riarsa
a quando a quando il rombo
dei puledri lanciati per la piana.

II

Con le farfalle raso terra
esitavi
al fiorire della ginestra:
e ad un tratto
enormi ali ti dà
quest'ombra trasvolante in rombo.

Ora ridi,
acciaio splendido,
all'ombroso
imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido
balzare delle lepri fra i narcisi.

III

Indugiano
carezze non date
fra le dita dei peschi
e gli sguardi
d'amore che mai non avemmo
s'appendono alle glicini sui ponti –

Ma il fiume
è densa furia d'acque senza creste, nel grembo
porta profondi visi di montagne:
e all'immenso
svolto dei boschi trova lieve il vento,
tocca le fresche nuvole
d'aprile.

28 aprile 1937

(da Parole, 1939)

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Assume toni delicati, quelli dei peschi e dei ciliegi in fiore, delle pervinche e delle ginestre che colorano i prati di primavera, delle glicini nei giardini di aprile, la considerazione di Antonia Pozzi sul disperato amore che la porterà a uccidersi, quello che avvelena la sua giovane vita con una crisi esistenziale che la sconvolge: “Così vedi – frantumo / me stessa in tante povere / inezie / pietose / se m'impediscono di sentire / che questo è l'ultimo addio – / ch'io reco sulle mani il mio / amore morto”. Ma qui, nel rigoglio della bella stagione, venti mesi prima dei barbiturici, ancora quell’amore sa trovare la leggerezza delle farfalle e dei petali, la stessa che hanno i sogni…

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spring charm

DIPINTO DI JOHANNES SELIC

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LA FRASE DEL GIORNO
Triste orto abbandonato l'anima / si cinge di selvagge siepi / di amori: / morire è questo / ricoprirsi di rovi / nati in noi.
ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


martedì 9 aprile 2013

L’eclisse di te

 

MARIO LUZI

NON ANDARTENE

Non andartene,
non lasciare
l’eclisse di te
nella mia stanza.
Chi ti cerca è il sole,
non ha pietà della tua assenza
il sole, ti trova anche nei luoghi
casuali
dove sei passata,
nei posti che hai lasciato
e in quelli dove sei
inavvertitamente andata
brucia
ed equipara
al nulla tutta quanta
la tua fervida giornata.
Eppure è stata,
è stata,
nessuna ora
sua è vanificata.

(da Dottrina dell’estremo principiante, Garzanti, 2004)

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Il passaggio del sole sull’assenza della donna amata: Mario Luzi si serve dello scorrere dei raggi per segnare la continuità della vita, per costruire un legame tra passato e presente e al contempo registrare questa assenza. Quelle ombre disegnate sulle mattonelle della stanza, sugli arredi, quei riflessi accesi sui mobili, sugli ottoni, sugli specchi sono altrettante memorie che divampano nella mente del poeta.

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EDWARD HOPPER, “SUN IN A EMPTY ROOM”

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LA FRASE DEL GIORNO
Assoluta come un marmo farà / tristi altre sere la tua assenza.

JORGE LUIS BORGES, Fervore di Buenos Aires




Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005), poeta italiano, fu uno dei grandi rappresentanti dell’Ermetismo. Più volte candidato al Nobel, fu insignito della Legion d’Onore. Fu Accademico della Crusca e senatore a vita.


lunedì 8 aprile 2013

La pioggia dei lunedì

 

MIGUEL D’ORS

CALENDARIO PERPETUO

Il lunedì è il nome della pioggia
quando la vita è tanto malevola
da sembrare la vita.

Il martedì passano treni lontani
sui quali non andremo mai.

Mercoledì è giovedì, venerdì niente.

Il sabato promette, la domenica non mantiene
e torna un’altra volta - o neppure quella:
la stessa volta - la pioggia dei lunedì.

(da La música extremada, 1991)

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Come un calendario perpetuo – la tabella grazie a cui sappiamo con precisione affibbiare a una data il suo giorno - è quello che fa scorrere uguali le nostre settimane avvezze alla routine, ai ritmi che seguono il fluire delle esigenze lavorative o scolastiche. Il poeta spagnolo Miguel D’Ors dipinge così la sua – e la nostra - settimana, dall’odiato lunedì che dà inizio alle danze alla domenica che spesso non mantiene le cose che ci eravamo ripromessi di fare il sabato e ritrova la leopardiana malinconia della sera del dì di festa con l’incombere di un nuovo lunedì. In mezzo la nostalgia dei martedì, l’anonimità del mercoledì, la visione della fine settimana del giovedì, la quasi liberazione del venerdì. E oggi? Oggi è lunedì. Abbiate pazienza…

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STEVE COUGHLIN, “CHEVALRY”

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LA FRASE DEL GIORNO
Dal lunedì alla domenica, da mattina a sera, tutte le attività sono organizzate e prestabilite. Come potrebbe un uomo prigioniero nella ragnatela della routine ricordarsi che è un uomo, un individuo ben distinto, uno al quale è concessa un'unica occasione di vivere, con speranze e delusioni, dolori e timori, col desiderio di amare e il terrore della solitudine e del nulla?

ERICH FROMM, L’arte di amare




Miguel d'Ors (Santiago di Compostela , 1946), insegnante e poeta spagnolo. La sua poesia è lodata per aver saputo coniugae una perfetta padronanza tecnica delle forme poetiche con il rinnovamento di un tema - biografico, religioso, politico, elegiaco - inizialmente descritto come "tradizionale". 


domenica 7 aprile 2013

La poesia è una nave

 

ÁRNI IBSEN

LA POESIA È…

“…la lingua è la sua vela.”
Michael Palmer

…La poesia è una nave, la lingua
è la sua vela, una lunga scia
di schiuma sulla quiete della casa;

il centro della sua calma
un pezzo di vetro rotto che metto
davanti all’occhio…

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Come dice il poeta e drammaturgo islandese Árni Ibsen, la poesia consente di navigare, di andare per mari tranquilli o procellosi, di approdare in terre lontane o sconosciute, in lande addirittura fantastiche, come l’Uqbar inventata da Borges, evocate magari da un puntino su quel pezzo di vetro  posto davanti agli occhi – anzi a un occhio solo, come chi guardi da un cannocchiale per vedere più lontano – quel pezzo di vetro che altro non è se non un modo differente per osservare la realtà, la poesia, appunto…

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Seducteur

RENÉ MAGRITTE, “LE SEDUCTEUR”

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LA FRASE DEL GIORNO
Cos'è la poesia? Non è la realtà, ma più della realtà… Non è un sogno, ma sognare da svegli.
AUGUST STRINDBERG, Il sogno




Árni Ibsen (Stykkishólmi, 17 maggio 1948 - Reykjavík, 21 agosto 2007), poeta ed editore islandese. Ha pubblicato diversi libri di poesie, tra cui Vort skarðar lív , Úr hnefa e A Different Silence, un'ampia selezione bilingue.  È stato editore del catalogo teatrale di Þjóðleichús per 15 anni e di Teatro in Islanda per 12 anni.


sabato 6 aprile 2013

Come una foglia

 

GIUSEPPE PICCOLI

OSSERVA LA FOGLIA MUTA

Osserva la foglia muta
figlia della luna nascosta,
converti la foglia figlia
dell'albero che parla
in strumento
di un'antica rettorica
conosciuta sul sillabario
di una desueta
e ancora consueta infanzia:
sii simile a lei,
che si raccoglie presso il tuo nome
freddo e dorato
nel sepolcro che trasforma
la tua veste in spoglia.

(da Di certe presenze di tensione, Guanda, 1981)

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Cominciamo dall’autore per comprendere questa poesia che vive della lingua, del suono prima ancora che del significato: Giuseppe Piccoli soffriva di schizofrenia. Nel 1981, in un attacco del male, uccise il padre e ferì la madre. Venne rinchiuso nell’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia e poi in altri istituti. Fu in quello di Napoli che nel febbraio 1987 si tolse la vita. Se andiamo al di là dell’alterazione del pensiero tipica della malattia, riusciamo a scorgere tuttavia l’afflato della poesia, quel desiderio di essere parte della natura per emergere dal ricordo alla contingenza della vita: “Io sono un'ala / che d'amore dissente, / in sé smarrita, si ricanta / e tra nuvole si distrae / quando al cielo s'apre la prima vita”.

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107653

JENNIFER HOLLACK, “VIBRANT IX”

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LA FRASE DEL GIORNO
Nuvole sei, che il ragazzo / guarda e sorride. Sei / la fuga della nuvola sul prato
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GIUSEPPE PICCOLI




Giuseppe Piccoli (Verona, 5 aprile 1949 – Napoli, 18 febbraio 1987), poeta italiano. Schizofrenico, nel 1981 uccise il padre e ferì la madre. Ricoverato in vari ospedali psichiatrici, nel 1987 si suicidò. La sua poesia rivela un desiderio di essere parte della natura per emergere dal ricordo alla contingenza della vita.