lunedì 6 aprile 2009

"Ho raggiunto il Polo Nord"


"Ho raggiunto il Polo il 6 aprile": questo era il messaggio ricevuto dal New York Times il 6 settembre 1909. Un altro telegramma era stato inviato all'Associated Press lo stesso giorno: "La bandiera a stelle e strisce sventola sul Polo". Il mittente si trovava a Indian Harbor, uno sperduto villaggio del Labrador e si firmava Robert Peary.

Il primo uomo a raggiungere il Polo Nord: che impresa, che onori! Invece il 9 settembre un altro americano, tale Frederick Cook, otteneva quegli onori che Peary riteneva dovessero essere riservati a lui: a Copenaghen, osannato dalla folla e dagli scienziati, raccontava di aver raggiunto il Polo il 21 aprile del 1908, solo una settimana prima era riuscito a inviare il telegramma della "conquista" dalle Isole Shetland.

Peary aveva tentato di realizzare l'impresa per ben 23 anni, organizzando otto spedizioni: era un esperto, un grande esperto, e lo batteva sul tempo uno qualunque, privo della sua esperienza e dei suoi meriti! La notizia delle feste per Cook lo gettarono in uno stato di profonda e amara delusione. Passato il primo travaso di bile, sorsero due fazioni: i sostenitori di Peary accusavano quelli di Cook di favorire le tesi di un millantatore, quelli di Cook rivendicavano al loro eroe i fasti della conquista. Partirono denunce e accuse che approdarono al Congresso degli Stati Uniti. Qui Robert Peary ebbe finalmente quanto gli spettava: fu stabilito che non fu Cook a raggiungere il Polo Nord, ma Peary.

Ora, trascorso un secolo, sappiamo che neanche Peary raggiunse il Polo, ma che vi arrivò molto vicino, a sole tre miglia. La sua storia è quella di un'ossessione, maturata in Nicaragua nel 1886, dove dirigeva dei lavori di scavo in vista della costruzione di un canale simile a quello di Panama: il sogno lo divorava, trascorse mesi in Groenlandia per acclimatarsi e per imparare a sopravvivere nel ghiaccio inospitale, a nutrirsi cacciando e pescando, a vestirsi e a viaggiare come gli Eschimesi. Non era solo, Peary: il suo compagno di avventure era un giovane uomo di colore del Maryland, Matthew Hanson, che lo avrebbe seguito fino al 1909. Era con lui anche nel 1892, quando Peary si ruppe una gamba e riuscì comunque a navigare fino al nord della Groenlandia, scoprendone la sua forma insulare.

Nella terza spedizione, durata a lungo, tra il 1893 e il 1895, con l'esploratore c'era anche la moglie, che partorì una bambina a Whale Sound, città sperduta nei ghiacci. Nel 1902 Peary pagò con l'amputazione di otto dita dei piedi l'avvicinamento alla latitudine di 87°17', nel 1905-1906, con il massiccio rompighiaccio "Roosevelt", arrivò a soli 322 km dal Polo Nord. Due anni dopo ci riprovò, sapendo che non avrebbe avuto altre occasioni: il 5 settembre del 1908, all'età di 52 anni, partì dall'isola di Ellesmere, nell'estremo nord del Canada. A marzo iniziò l'avanzata con le slitte: erano 24 uomini e 133 cani. Quando il cibo scarseggiò, decisero di avanzare in sei: Peary, Henson e i quattro inuit Ootah, Egiginqwah, Seegloo e Ooqueah. Era il primo aprile, sei giorni dopo arrivarono al Polo Nord e vi rimasero per trenta ore.

Non la gloria lo attendeva, ma quell'impostore di Frederick Cook. Il tempo seppe rendergli giustizia, fortunatamente mentre era ancora in vita. Forse neanche lui aveva davvero raggiunto il Polo, ma la sua tenacia era stata premiata.


Una vignetta dell'epoca da "Le Petit Journal"



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LA FRASE DEL GIORNO
La distanza fra scienza ed errore è breve.
TACITO, Annali, IV, 58

1 commento:

federico ha detto...

Sembra invece che a scoprire il polo Nord sia stato davvero Cook.
Peary non ha mai voluto ammetterlo.