mercoledì 13 agosto 2008

Guerra sul San Matteo


Il Monte San Matteo, che si eleva fino a 3.684 metri nel massiccio dell’Ortles Cevedale, dal luglio del 1916 era controllato dagli austriaci, con le vicine cime Giumella e Cadini. Da lì le loro artiglierie colpivano le postazioni italiane sul Gavia, sul Dosegli, sul Pizzo Tresero, sulla Vallumbrina e sulla Pedranzini. Inoltre avevano occasione di controllare dall’alto il posizionamento delle truppe italiane.

Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1918 partì l’offensiva per la riconquista del San Matteo: un centinaio di alpini del Battaglione skiatori Monte Ortler avanzarono dal ghiacciaio Dosegù, a quota 3.452 e in sole tre ore, lungo il crinale del Pizzo Tresero, raggiunsero le posizioni nemiche e, dopo una rapida ed efficace operazione di artiglieria, si lanciarono all’attacco e strapparono il Monte San Matteo agli austriaci. Lo scacco militare in alta quota fu un affronto intollerabile per l’esercito austro-ungarico: ai primi di settembre bombardarono la cima, ma la guerra ormai volgeva al tracollo per le loro truppe. Nella battaglia del 3 settembre rimase sepolto dal crollo della galleria in cui si era rifugiato con un pugno di uomini il capitano Armando Berni: sono ancora là, sulla cima del San Matteo, divenuta ora un sacrario a cielo aperto. Al capitano è stato dedicato un rifugio, a quota 2.541, e suoi cimeli sono esposti nel Museo Vallivo Valfurva a San Nicolò.
In una lettera ai familiari, il Capitano Berni il 5 agosto 1918 scriveva: "Sento che voi scoppiate di caldo. Quassù nevica e fa freddo. Speriamo abbia a rimettersi il tempo, altrimenti saranno pasticci, a 3.700 metri...!"

Freddo, neve, rocce. La difficoltà della guerra d’alta quota, nota anche come “guerra d’aquile”, è ben espressa da un canto alpino, scritto durante la guerra:

BOMBARDANO CORTINA

Bombardano Cortina! ….. oilà
dicon che gettan fiori! ….. oilà
tedeschi traditori
è giunta l’ora, subito fora
subito fora , dovete andar.

E proseguendo poi ….. oilà
per Valle Costeana ….. oilà
giunti sulla Tofana
su quella vetta, la baionetta
la baionetta, scintillerà.

Non mancherà poi tanto ….. oilà
che anche il Lagazuoi ….. oilà
conquisteremo noi
l’artiglieria, Sasso di Stria,
Sasso di Stria, battuto avrà.

Son prese le “Tre Dita” ….. oilà
il “Masarè” è già nostro! ….. oilà
l’aquila ha perso il rostro
e già s’invola spennata e sola
spennata e sola là sul Caval.

Fatta è la galleria! ….. oilà
è pronta la gran mina! ….. oilà
e una bella mattina a
anche Gigetto col Castelletto
col Castelletto per aria andò.

Giunti sul Canalone ….. oilà
schierati i suoi soldati ….. oilà
tiri ben aggiustati
la pasta asciutta vi fece tutta
vi fece tutta lasciare lì.

Per Valle Travenanzes ….. oilà
e Strada Dolomiti! ….. oilà
v’ inseguiremo arditi,
e voi scappate finché arrivate
finché arrivate dal vostro Re.



C’è tutto: sacrificio, ardimento, astuzia. Gli attacchi, portati forzatamente da un numero esiguo di soldati, spesso specializzati, dovevano scontrarsi con le difficoltà logistiche ed atmosferiche. Naturalmente, lo stesso valeva anche per gli austro-ungarici: un vantaggio si poteva improvvisamente trasformare in svantaggio. Il canto cita il celebre episodio del Castelletto delle Tofane: rimasta a lungo inespugnabile, la rupe fu spazzata via dall’esplosione di una mina portata al suo interno.


Il San Matteo (Fotografia © Bergauf)



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LA FRASE DEL GIORNO
Nessuno può vincere una guerra moderna, perché essa viene combattuta a un'intensità tale che tutti devono perdere. (...) In una guerra moderna non esiste Vittoria.
ERNEST HEMINGWAY, Dal nostro inviato Ernest Hemingway

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